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Mettiamo i puntini sugli "io"

Vi sarà capitato di dire o pensare.....

 

"io non volevo farlo!"

"una vocina dentro di me mi dice che sarebbe meglio fare....."

"certe volte mi sorprendo io stesso di quanto sono bravo in questa cosa...!"

"scusa, non volevo dirlo..."

"da un lato vorrei fare così, ma dall'altro.... "

"a volte non mi riconosco..."

"non ero in me" (v. anche "ero fuori di me!")

 

Ebbene, sono solo alcuni degli esempi in cui non ci sentiamo pienamente "noi stessi" e sentiamo dentro di noi forze che ci impediscono di prendere decisioni unitarie. 

Non è che siamo disgregati o schizoidi, no, semplicemente siamo esseri complessi. Formati da tante unità, coerenti in se stesse, di sentimenti e azioni, pensieri ed emozioni ed è più pratico, quando ci esprimiamo con gli altri, chiamare tutti questi sè, "io".

I messaggi genitoriali verbali e non verbali, quelli dei nostri insegnanti, dei fratelli maggiori, di quel vecchio zio... della nonna.... vengono interpretati e "trasformati" affinchè possiamo accettarli e rispondere secondo i nostri schemi interiori e vengono poi rievocati in situazioni "somiglianti" a quella in cui hanno avuto successo. Sia ben chiaro però che per "successo" si intende qualcosa che ha portato ad un esito coerente che va a confermare le nostre idee (che non sempre portano un vero oggettivo vantaggio!). Inoltre, le emozioni che accompagnano gli eventi che accadono nel corso dei primissimi anni, e anche dopo con maggiori sfumature, sono reputate e interiorizzate talvolta come congrue, altre volte vengono bloccate, o magari accolte e accettate o rifiutate o ancora non "riconosciute" dai nostri genitori. Questo provoca in noi stati, atteggiamenti e pensieri atti a creare il nostro personale e particolare modo di "essere in relazione".

 

Vogliamo sentirci compatti e unitari, non disgregati. La tendenza naturale è sentirsi completi, concordi. Tendiamo all'unità, alla coesione, alla condivisione, sia interna che sociale, non alla conflittualità o alla competizione, come alcune teorie sulla natura dell'essere umano vorrebbero far credere. Nelle situazioni conflittuali non proviamo piacere, siamo stressati, logorati, vorremmo risolverle, vorremmo la pace. Nel loro libro "il risveglio dell'eroe con la PNL", Gilligan e Dilts in un esercizio pratico propongono di identificare il proprio "sè/buono e sè/cattivo in modo da riconoscere queste parti cercando l'unità interna dicendo: "cercheremo l'unità che va al di là della separazione all'interno del sè. Fintanto che questa separazione sussiste, il viaggio dell'eroe è impossibile, perchè il viaggio richiede pienezza e unitarietà dell'essere".

Il vero problema, quindi, non nasce dal fatto che abbiamo una struttura psichica formata da molte parti, il vero problema sta nel capire come accordarle!

 

Esistono tantissimi modelli in psicologia che attribuiscono nomi diversi a queste parti dell'io. Questo può essere utile perchè serve a distinguere, identificare, focalizzare di cosa si sta parlando per riuscire a spiegare meglio le dinamiche che ci tolgono energie e che ci depotenziano o i conflitti interni ed esterni che si creano a cosa sono dovuti, in modo da poter intervenire a sedare il tal conflitto o svolgere un lavoro interiore di riunificazione dei sè. Perchè è solo così che troviamo l'equilibrio, quando, cioè, troviamo in nostro centro e la nostra unitarietà e le forze dentro di noi sono concordi e non conflittuali. 

Ogni separazione crea dolore, tristezza, rabbia, sofferenza... ci sono aspetti di noi che non ci piacciono e non vogliamo rendercene conto perchè tutto il mondo esterno ci ha chiesto di essere "diversi" da come siamo: bel carattere, buona madre, bel fisico.... e magari c'è un io, uno molto piccino, quello che vuole tanto piacere agli altri, quello che vuole essere amato e che cerca le strade per ottenere amore e attenzioni, che si mette molto in ascolto di tutte queste richieste esterne e cerca di assomigliare il più possibile a quello che pensa che il mondo esterno, (inizialmente mamma e papà), voglia. 

In generale, questo stato piccolino, dovrebbe superare le sue "dipendenze" dal mondo esterno col passare del tempo e dovrebbe lasciare spazio solo ad un io piccino libero e gioioso, facendo evolvere alcune parti, dovrebbe "crescere" insomma. Ma questo non sempre accade e ci si ritrova cristallizzati, a mandare segnali di bisogno di attenzioni e di amore che non si riesce a colmare mai.

 

Freud distingueva Es, Io e Super io, tre parti interne alla persona che comprendono tutte le pulsioni inconsce e ragionamenti vigili che a volte confliggono all'interno dell'individuo creando così patologie psichiche, Eric Berne crea il modello dell'Analisi Transazionale, in cui coesistono Genitore Adulto e Bambino, (scritti rigorosamente con la maiuscola), che sono tre "Stati dell'Io" che si formano fin dai primi messaggi relazionali (transazioni appunto) coi genitori o educatori della nostra vita. Nasce da qui la teoria del Copione di vita, canovaccio di base sul quale ci orientiamo per prendere decisioni e per sapere cosa provare, cosa decidere, cosa confermare o rifiutare nelle situazioni di vita che ci capiteranno. Alla base del Copione di vita ci sono decisioni prese nella prima infanzia sulla vita, sui propri obiettivi, sulle emozioni che si vogliono provare più di frequente e sulle "cose" che tendiamo a confermarci, una sorta di "istruzioni per l'uso della vita" insomma, che, essendo creato in una età precoce, facilmente può contenere convinzioni non "sane" sulle quali sono state prese queste "decisioni".

 

Potremmo andare aventi con tutti i modelli coi quali l'interiorità è stata rappresentata, per fare ancora due esempi, anche la Psicosintesi di Assagioli afferma la presenza di queste parti, questa volta sotto forma di "ovoide", in cui coesistono sono parti consce e parti inconsce, questa volta comprendendo anche una sfera riguardante un inconscio collettivo, quindi esterno ma che dialoga con le nostre parti interne, o la Gestalt che fa addirittura mettere in scena, come in un teatro interiore le varie parti del sè invitandole a dialogare tra loro, (metodo della "sedia calda") ma la cosa importante, non è se ce ne sia una più rappresentativa o completa di un'altra, è che alla base di ognuna vi è sempre la stessa meta: riconoscere e imparare conoscere le parti del sè, accettarle, integrarle, acquisire consapevolezza e trovare il proprio centro. Raggiungere questa meta corrisponde a sapere dove dirigere i propri obiettivi, a sviluppare una vita piena e gioiosa, a essere amati veramente per quello che si è, completamente, per come siamo realmente. Negare a noi stessi di avere nuclei non compresi, non visti, o rifiutare di ammettere a se stessi di essere anche parti nascoste e tenerle in ombra per paura di essere rifiutati, indurrà le persone a vedere solo alcune parti di noi e di conseguenza ad essere anche amati solo per quelle, restituendoci un senso di non amore, non accettazione e non comprensione di noi stessi.

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