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Il passato imperfetto

O forse..... "l'imperfetto" è passato.

Che il passato non si possa cambiare è qualcosa su cui tutti concordano: una volta fatta una esperienza, quella si anniderà nella nostra mente e non potrà essere cambiata. I minuti passano e noi sappiamo che qualcosa del presente rimane cristallizzato fuggendo via, dietro le nostre spalle e allontanandosi da noi senza che possiamo avere nessun potere di cambiarlo. Ogni momento si cristallizza e non si potrà più intervenire su di esso.
Eppure, questo pensiero dimostra un "attaccamento" al concetto di "realtà" come se la realtà fosse oggettiva ed avesse un solo significato possibile.

“Ho vissuto tutta la vita pensando che mio padre non mi amasse perchè lavorava all'estero e non si curava di me, poi scopro da una lettera che ha scritto a mia madre che io ero la cosa più importante per lui e che il suo modo di amarmi stava nell'andare a lavorare all'estero, soffrendo della mia mancanza, per guadagnare i soldi che mi sarebbero serviti per darmi un futuro migliore del suo”.

Cambiando l'opinione che abbiamo di un dato evento passato, cambia il significato che gli attribuiamo e con esso le nostre emozioni di accettazione o rifiuto. Quello che noi “sappiamo” nel presente di quella data situazione passata, le aggiudica il nostro avvicinamento o allontanamento emotivo. Ma cosa, realmente, sappiamo delle situazioni passate? Come ci formiamo idee e convinzioni sulla realtà che ci circonda?

La realtà che noi viviamo dipende dalle nostre convinzioni mentali e dalle emozioni che un evento particolare suscita in noi in un determinato momento oltre che dal modo in cui siamo abituati a "leggerla". Siamo figli di chi ci ha cresciuto, della cultura, delle esperienze sopraggiunte e del modo in cui tutti questi "sistemi" ci hanno insegnato a leggere la realtà. Poi siamo anche figli del nostro modo di percepire la realtà e di decodificarla sulla base di ciò che ci è stato insegnato.

Alcuni eventi ripetuti o non spiegati in modo efficace o trascurati a volte conducono a delle false credenze. Queste si trasformano presto in convinzioni e purtroppo la nostra mente ha il brutto vizio di “credere” che ciò che percepiamo sia “realtà”. 
“mi fai preoccupare.... (sentire in colpa, arrabbiare etc...)” produce implicitamente nel bambino la convinzione di avere potere sugli stati d'animo degli altri, provocando la credenza che anche gli altri ce l'avranno su di lui!
“hai paura dei mostri sotto al letto? Ora guardo io se ci sono i mostri così sei tranquillo!” fa nascere la credenza che sia possibile trovare mostri sotto al letto! Questo produrrà credenze riguardo a cose non controllabili e imprevedibili di cui potrebbe sentirsi vittima incapace di fronteggiarle.

Come adulti veicoliamo spesso messaggi che indicano al bambino percezioni erronee della realtà di cui non ci rendiamo assolutamente conto. Questo accade perchè nessuno ci spiega che c'è una bella differenza tra il dire “io credo che...” “io sento che....” “secondo me.....” quando esprimiamo un'opinione. In questo modo infatti, ci prendiamo la responsabilità delle nostre percezioni (e di conseguenza ammettimo che potrebbe non essere così)

Veicolare invece messaggi come: “hai fatto questo perchè tu....” oppure “quella situazione è.....” o ancora esprimere giudizi, svalutazioni dell'altro ecc, dimostrando di essere i “possessori” della verità, non lascia scampo ad un pensiero capace di creare alternative o di risolvere problemi.

Da quando veniamo al mondo siamo portati ad allenare la mente per lavorare sul sistema di causa-effetto e su principi matematici di “esclusione” e differenza, elaborando automaticamente che, se due modi di vedere la realtà sono diversi, allora uno dei due è sbagliato.

Cerchiamo sempre chi ha torto e chi ha ragione e questo conduce a un pensiero “chiuso”, privo di possibilità di scelta, dove il giudizio la fa da Sovrano e l'amore per se stessi viene scambiato per egocentrismo, inducendoci a perdere la fiducia nei nostri pensieri e nelle nostre sensazioni.

La prima regola dunque, per non entrare in questo “pantano” è: astenersi dal giudizio.

Se vostro figlio vi dice che non si è “comportato male” a scuola, credetegli, aiutandolo ad analizzare cosa sia per lui “comportarsi male”. In questo modo eviterete etichette e gli insegnerete a leggersi dentro senza dare per scontato giudizi non chiari ma che lasciano il sapore di “sbagliato”.

Se vostro figlio vi dice che ha male alla pancia e non può andare a scuola, credetegli e aiutatelo a capire i sintomi in modo che si prenda lui la responsabilità di una eventale “scusa”. Se fosse una “scusa” dopo un po' magari vi sorriderebbe dicendovi una verità che accoglierete con gioia per il suo intervenuto coraggio nell'affrontare la realtà, ma evitate di interpretare perchè cadreste nella svalutazione del suo “sentire”.

Non appena usciamo dagli schemi appresi, ci affacciamo alla finestra del vasto mondo delle interpretazioni e delle mille facce possibili della realtà. E' allora che il passato inizia ad avere interessanti risvolti creando un universo di possibilità interpretative, nel bene e nel male. Ed è lì che iniziamo a capire che siamo creatori di realtà.

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